Il Cuore di Thelema

di Michael Staley

Il presente articolo, autorizzato dall’autore, è stato pubblicato per la prima volta in Starfire, Vol. I, N. 3, Londra, 1989;

traduzione di Carlo Barbera su concessione di Roberto Migliussi e del sito Labirintostellare.org
© Michael Staley, 2009

 

  

0.

 

Ogni evento è un’unione di una qualche monade con una delle esperienze ad essa possibili.
“Ogni uomo e ogni donna è una stella” – cioè, un aggregato di tali esperienze, costantemente cangianti con ogni nuovo evento, che influenza lui o lei sia consciamente che inconsciamente.
Ognuno di noi ha così un universo suo proprio, ma è lo stesso universo per ognuno fino a che esso include tutta l’esperienza possibile. Questo implica l’estensione della coscienza ad includere tutta l’altra coscienza.
 
Crowley, introduzione a Liber AL.

 

Thelema è spesso compresa solo nei termini della sovranità dell’individuo, e di tutti i diritti inalienabili che ne scaturiscono. Naturalmente questo è perfettamente valido, portando ad alcune valide intuizioni. È un inevitabile punto di partenza nel sondare le profondità di Thelema.  Indulgere esclusivamente su di esso, comunque, vuol dire ignorare un'abbondanza di ricche risonanze e sottili sfumature. Curiosamente, vi è una grande resistenza nel tentare di allargare la comprensione generale di Thelema. Ciò è senza alcun dubbio un riflesso dell’innata tendenza ad attaccarsi ad una identità adorata – ed in termini più personali, a cercare rifugio nel ghetto dell’individualità.

Thelema è una chiave universale, ed ha una applicazione molto più ampia di quella che può suggerire il suo confinamento a circoli occulti. Questo saggio si focalizza in modo piuttosto ravvicinato sull’idea della Vera Volontà, la cui essenza risiede nell’Andare piuttosto che nell’Essere. Il suo simbolo è l’ankh, la crux ansata, la cinghia della caviglia, il simbolo egiziano dell’andare. Attraverso l’esistenza noi condividiamo il Sacramento dell’Essere nel suo aspetto dinamico dell’Andare. Questa è maya, lila, l’illusione della manifestazione. È il Gioco Divino che l’Essere produce, al fine di goderlo. Alla fine, la manifestazione avviene per il suo proprio bene, ed è in essenza pura gioia, totale abbandono, assoluta licenziosità. L’esistenza è in essenza senza scopo. Qui risiede l’innocenza di Arpocrate, il Bambino nell’Uovo Blu, Hoor-paar-kraat. La manifestazione è il Bambino generato dall’eterna, incessante interazione o accoppiamento di Nuit e Hadit, e l’apice della realizzazione è il recuperare la consapevolezza di questa identità.

La Materia è energia. Spirali e intrecci di energia, intricate, interconnesse ed estatiche fanno sorgere l’illusione della Forma. Questo processo è sempre dinamico, sempre trasformativo. Noi siamo eternamente imminenti, incarnandoci di nuovo in ogni istante. La forma sorge, fiorisce, decade e si dissolve. L’energia che in-forma o incarna è tuttavia eterna, e crea un’altra volta nuove forme, nuove strutture. La clessidra dell’esistenza viene girata di nuovo e di nuovo ancora. Se non ci svegliamo da questa commedia eterna, questa essenza di magick o maya, non vedremo mai al di là della seduzione della forma. Svegliarsi, tuttavia, è ancora partecipare al dramma, ma parteciparvi conoscendolo. Noi tessiamo gli arazzi, conoscendo il loro posto nel tutto. “Ma voi, O mio popolo, alzatevi e svegliatevi!”.

Questo saggio cerca di tracciare il filo dorato dell’estasi attraverso i vari livelli – dall’Essere al Non Essere, dal Due allo Zero. Queste più sottili sfumature di Thelema possono essere illuminate da riferimenti a varie idee di misticismo orientale. Nell'analisi finale, comunque, la ricchezza di Thelema trascende persino queste tradizioni e può essere vista come la loro recensione Occidentale. Infine, attraverso una appendice viene citato un passaggio di Crowley. Questo è tratto da Il Rituale del Segno della Bestia, e viene qui aggiunto per dimostrare che l’interpretazione di Thelema, com'è qui presentata, è completamente in accordo con i suoi principali fautori nei tempi moderni.

I.
  
L
a parola della Legge è Thelema.
Chi ci chiama Thelemiti non sbaglierà, se egli esaminerà intimamente la parola.
Fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge.
AL I, 39-40.
 

Thelema è il nome dato ad un corpo di dottrina mistica e magica che è venuto ad essere associato con Crowley. Questo è in molti modi comprensibile, visto che egli fu il suo primo esponente nei tempi moderni e diede coerenza, chiarezza e fascino a quello che è stato considerato come il Culto di Thelema. Tuttavia, come egli spesso sottolinea, esso non ebbe origine da lui, e non fu in alcun senso una sua invenzione. Al contrario egli stava essenzialmente trasmettendo una corrente che esisteva già. Vedere Thelema in qualche modo come una creazione di Crowley e così focalizzarsi su di lui come il nucleo centrale della dottrina non la rende niente più che Crowleyanità. Questo serve soltanto a sminuire ed oscurare le ramificazioni e le sottigliezze più profonde. La forza di Thelema deriva dalla sua essenziale universalità, dalla sua affinità con altre tradizioni ed è in questo contesto che può essere compresa al meglio.

Come è risaputo Thelema è una parola greca che significa Volontà ed è un compendio molto appropriato del Culto, del suo significato fondamentale e della sua applicazione.  Essa è anche spesso riferita come Corrente 93, visto che per virtù della cabala greca la parola Thelema assomma a 93. Di nuovo Crowley non arrivò a questa parola come un riassunto della dottrina. Piuttosto essa viene data come un termine di cardinale importanza ne Il Libro della Legge o Liber AL, un testo complesso e profondo di tre brevi capitoli comunicati a Crowley nell’aprile del 1904 da una intelligenza praeter-umana chiamata Aiwass. La parola Thelema è un eccellente sommario delle due sentenze chiave di quel testo: “Fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge”, e “Amore è la legge, amore sotto la volontà”. Critici hanno dimostrato la loro superficialità e mancanza di percezione confondendo la volontà con il volere e interpretando “Fai ciò che vuoi” come “Fai quello che ti pare”. Essi hanno così mancato il punto in un modo che è stupefacente nella sua suprema banalità.

La Volontà è generalmente vista come una forza trainante più fondamentale di semplici capricci o fantasie, che sono semplicemente onde transitorie o increspature sulla superficie dello stagno. In termini di Thelema la Vera Volontà è il dinamismo fondamentale che sgorga proprio dal nucleo dell’individuo. Il Liber AL esprime ciò in un modo molto bello dicendo che ognuno di noi è una stella nello spazio, con la nostra propria orbita o vero sentiero. Questa orbita è la nostra traiettoria, la nostra Vera Volontà, l’impulso o dinamismo che sottende a noi come individui. Dovrebbe essere dovere di ognuno di noi accertare la nostra vera orbita, e cercare di seguirla sinceramente. In altre parole, la nostra Vera Volontà può essere considerata come il nostro luogo naturale nell’universo, il nostro corso assegnato, il nostro moto inerente e peculiare attraverso il firmamento stellato di Nuit. La Vera Volontà può essere così compresa come destino, come funzione naturale. Come Crowley la pone, essa ordina alle stelle di brillare, alle viti di dare grappoli, e all’acqua di cercare il suo livello.

Quindi la Vera Volontà può essere vista come una forza trainante più profonda, inconscia, che alcune volte risuona nel sangue come istinto. Comunque, solitamente essa trova una rifrazione e diffusione cosciente, imperfetta e insipida, in una pletora di voglie e desideri, una confusione di spinte conflittuali e di impulsi da tutte le parti. Quando la volontà conscia o di superficie di un individuo è in disaccordo con la sua corrente sottostante, la sua Vera Volontà inconscia, allora egli sta nuotando contro la corrente, e così non solo disperdendendo le proprie energie, ma coinvolgendo anche gli altri. Ognuno di noi ha la propria Vera Volontà o linea naturale di sviluppo ed è evidentemente nel nostro migliore interesse scoprire la propria ‘tendenza naturale’ ed allineare ad essa la propria volontà conscia. Per continuare l’analogia precedente, egli allora nuoterà con la corrente piuttosto che contro di essa, perseguendo il suo giusto sentiero o orbita.
 
Vista in questo contesto Thelema è evidentemente di gran lunga più profonda di quello che immaginano i critici di Crowley. Questo tuttavia suggerisce la domanda: perché il divario tra la Vera Volontà e il desiderio conscio? Se la Vera Volontà è di fatto la volontà naturale, perché succede che non siamo apertamente e consciamente guidati da essa; e così perché non andiamo per la nostra strada gioiendo? La ragione risiede principalmente nel condizionamento sociale, un’imposta conformità di valori e idee con cui tutti siamo più o meno infettati. Dalla nascita siamo incoraggiati a seguire un codice innaturale di condotta, piuttosto che la via o tendenza che i nostri istinti ci dicono essere naturale. Di fatto siamo incoraggiati a diffidare dei nostri istinti, e invece di confidare sulla ‘logica’, sulla ‘ragione’ o ‘coscienza’ come guide al comportamento ‘appropriato’. Questo è stato caratterizzato da Nietzsche ed altri come ‘istinto del branco’ che può essere ben naturale per le mucche e le pecore, ma che a fatica si addice all’idea Thelemica più esaltata di ‘uomo regale’ o ‘donna regale’. La relazione tra la volontà conscia, condizionata e la Vera Volontà può essere forse meglio trasmessa dall’immagine del sole in un giorno nuvoloso, il quale cerca di trovare una via attraverso le dense nuvole d’ostacolo. La luce del giorno è, naturalmente, la luce solare; e più il sole è oscurato dalle nuvole, più essa diviene debole e insulsa. In modo simile la nostra Vera Volontà è coperta da un denso accrescimento di condizionamento sociale e la sua intensità naturale è di conseguenza indebolita e distorta. È questo miscuglio di comportamento condizionato, condito con un goccio slavato di Vera Volontà che forma la volontà conscia. Noi siamo quindi ingannati riguardo il nostro diritto di nascita; invece di ardere nel nostro centro con la vera intensità dell’impetuosa energia creativa, soltanto una debole frazione riesce a combattere per la sua via attraverso gli strati dell’isolamento, producendo un debole bagliore che brilla fiocamente. Che questo possa sembrare più conveniente da un punto di vista politico, sociale ed economico è fuori discussione. Il risultato pratico è questo, che noi come individui siamo indeboliti. Alchemicamente, l’oro è trasformato in piombo.

Espresso in questo modo, può sembrare che tutto quello che dobbiamo fare è mettere da parte il nostro condizionamento sociale e bearci nella radiosità della nostra Vera Volontà. Comunque questo è sottostimare seriamente le profondità a cui penetra tale condizionamento. Davvero raro è per qualcuno svegliarsi improvvisamente alla propria Vera Volontà e quindi procedere gioiosamente sul proprio sentiero naturale. Il risveglio stesso può sembrare improvviso, come un fulmine; ma è un culmine, un apice, e si gloria su un terreno ben preparato. Dobbiamo apprendere nuovamente a vivere in maniera più naturale, avere più fiducia nei nostri istinti, e prestare più ascolto alla voce interiore. Più propriamente è un caso di dis-apprendimento, di abbandonare i falsi accrescimenti di comportamento condizionato e permettere alla stella interiore di brillare nella sua naturale intensità.

Molti temerebbero questo come anarchia, come una forma di ribellione, fraintendendo la mancanza di restrizione esteriore come licenza. In un senso questa é anarchia – l’anarchia della quercia, che fiorisce nella sua stagione in accordo con il suo ritmo naturale. È anarchia nel senso di assenza di restrizione artificiale, di disciplina imposta da una ‘autorità’ esterna. Si potrebbe dire che il Liber AL è indirizzato all’uomo regale, l’individuo che è impegnato nell’intento di scoprire la sua Vera Volontà e compierla. “Ma tu, O mio popolo, sollevati e destati!” Una volta che l’individuo ha fatto questo e opera con l’intensità di un’imponente centrale elettrica interiore – piuttosto che la patetica, fiamma crepitante della candela che noi siamo inclini a chiamare ‘vivente’ – allora la sua Volontà non può fallire la realizzazione, perché egli è pienamente consapevole della sua funzione naturale nell’universo e la necessità – di fatto l’inevitabilità – di realizzarla. Liber AL, quel potente fiorire e sunto di Thelema, canta appassionatamente e sensualmente ad “ogni cuore dell’uomo”, che dobbiamo risvegliarci alla nostra vera identità e vivere pienamente la nostra vita. Al presente Thelema è elitaria, ma soltanto nel senso che pochi stanno ascoltando il suo messaggio e ancora meno lo stanno comprendendo. “Gli schiavi serviranno” – ma soltanto fino a quando essi sono contenti di rimanere legati in schiavitù e nell’ignoranza della loro splendente identità regale.

Thelema è una fiamma lucente, una potente chiamata alle armi, e può essere vista come il prossimo passo per l’umanità. Crowley ipotizzò che con la trasmissione del Liber AL siamo entrati in una nuova epoca – l’Eone di Horus, il Bambino. Questo, egli spiegò, era stato preceduto dall’Eone di Osiride, il Padre – esso stesso dopo l’Eone di Iside, la Madre. Horus è in qualche modo il prodotto di entrambi, e partecipa della loro essenza, ma diviene sempre più consapevole della sua natura come una entità indipendente da entrambi. Crowley fece qualche connessione qui tra questi eoni che si avvicendano e la Precessione degli Equinozi, assegnando così ad ognuno di essi un periodo approssimativamente di 2000 anni. Tuttavia questi eoni si riferiscono principalmente a fasi nella evoluzione della consapevolezza o coscienza umana, così come allo sviluppo della consapevolezza a livello individuale dalla nascita in poi. Vi è una indicazione a ciò – che la successione degli eoni non è legata alla Precessione degli Equinozi - nel ‘Vecchio Commento’ di Crowley al Liber AL III, verso 34. Qui egli dichiara, a proposito dell’Eone di Horus: “Seguendolo sorgererà l’Equinozio di Ma, la Dea della Giustizia, possa essere un centinaio o dieci migliaia di anni da ora, perché la Computazione del Tempo qui non è come là”. La crescita del Bambino è sempre un affare piuttosto doloroso, e Crowley suppose che il Nuovo Eone si sarebbe annunciato con il caos e i massacri come suo battesimo. Questo non è difficile da vedere. Le catene che legano gli schiavi sono forgiate da falsi dèi – quelli del consumismo, dell’acquisizione materiale, della deferenza all’autorità politica e simili. Questi dèi non saranno contenti di sciogliersi completamente come neve, e l’inizio dell’Eone del Bambino sembrerà oscuro e distruttivo ai resti del patriarcale Eone di Osiride. Secoli di repressione, del contenimento delle forze e degli istinti naturali, in tutta probabilità risulteranno in una esplosione all’esterno, e nel collasso della società come basata sul modello attuale.

Comunque, sta alle strutture del Nuovo Eone emergere come esse vorranno. Thelema è indirizzata all’individuo e cerca di risvegliarlo alla regalità, alla creatività e al genio. L’instaurazione della Legge di Thelema non si intende nel senso di istituire un regno politico di Ra-Hoor-Khuit, o lanciare un colpo di stato contro gli attuali centri di potere nella società. Piuttosto è un processo per portare la Legge di Thelema ad una consapevolezza più generale; e questo è meglio servito applicandolo a noi stessi, scoprendo la nostra Vera Volontà e realizzandola. Vi è un’analogia con la Legge di Gravità, dove ‘instaurazione’ è intesa nel senso di riconoscimento, della sua accettazione e uso come principio universale.
 
Thelema è la chiave alla trasformazione della coscienza, sia individuale che razziale. La sua vera bellezza comunque sta nella sua universalità, la sua applicabilità a tutti i livelli. Presa al suo livello più essoterico, essa asserisce la sovranità dell’individuo ed esorta tutti noi a divenire persone più regali, maestri di noi stessi e dei nostri destini, trionfanti nell’Eone del Bambino Coronato e Conquistatore. Su un livello più sottile, esoterico, essa è inoltre una chiave per il trascendimento dell’individualità – perché a livelli più profondi l’individuo si fonde con il collettivo, il Tutto. Questo rammenta il principio delle ‘due verità’ del Buddismo. Vi è poco dubbio che la chiave di propagazione di Thelema come principio si trova nel sottolineare la sua applicazione alla sovranità dell’individuo, la nostra identità come la gloriosa stella nello spazio, gioiendo nella nostra orbita. Quella stella risplende come genio creativo, ed è il diritto di nascita di ogni individuo, se lo sapessero, partecipare allo splendore di quella natura stellare. La Magick è un sistema di iniziazione, dove i veli si dissolvono e il Dio Occulto viene liberato per andare senza ostacoli per la sua strada, per fare come vuole, come solo un dio può. Paradossalmente, comunque, mentre viaggiamo sempre più in profondità verso il nucleo del nostro essere, scopriamo che alla fine non vi è né un individuo né un collettivo, né un interiore né un esteriore, né un esoterico né un essoterico. Thelema è il punto di partenza per questo viaggio, che comincia come l’apoteosi dell’individualità, come anche la sua dissoluzione.

 

II.
 
Io sono la fiamma che arde in ogni cuore di uomo, e nel nucleo di ogni stella. Io sono Vita, e il datore di Vita, tuttavia per questo la conoscenza di me è la conoscenza della morte.
AL II, 6.

 
Abbiamo visto che la volontà conscia – più comunemente sperimentata come un eco di Choronzon, l’influsso di una molteplicità di diverse volontà, capricci, impulsi e desideri – è in qualche modo una rifrazione della più profonda Vera Volontà, per quanto distorta, indebolita, atrofizzata. Infatti, la Vera Volontà si manifesta su molti livelli differenti, sgorgando dalle segrete profondità dell’essere, il seme occulto. Così possiamo forse concepire l’individuo come qualcosa di simile a una cipolla, strato su strato, scorza su scorza. Tale immagine suggerisce un nucleo. Al nucleo della stella vi è Hadit, e questo è la dimora e il fulcro della Vera Volontà.

La cosmologia del Liber AL ci dà Nuit e Hadit, le due polarità basilari, dall’interazione delle quali sorge la manifestazione. Nuit può essere considerata come la somma totale delle possibilità e Hadit come qualsiasi punto che ha esperienza di queste possibilità. Nuit è il cerchio di circonferenza infinita. Hadit il punto infinitesimale che ha posizione ma non dimensione. “Tuttavia lei sarà conosciuta e io mai”, perché Hadit è il punto da cui noi scaturiamo, e l’occhio o ‘io’ non può vederlo. Esso è il nucleo e la genesi dell’essere, il bindu nascosto, che può soltanto realizzarsi o divenire consapevole di sé stesso unendosi con le possibilità dell’esperienza. Il nucleo della stella è essenzialmente sconosciuto e inconoscibile, perché al fine di avere qualsiasi sorta di manifestazione o consapevolezza deve aver già partecipato al Corpo di Nuit. Non possiamo ritornare indietro alla fonte, ma dobbiamo andare avanti, sempre avanti, sempre viaggiare in avanti.

Nuit, Hadit, e la loro congiunzione e figlio Ra-Hoor-Khuit, sono principi astratti rivestiti in simboli più concreti. Essi sono così rivestiti al fine di essere per noi più intelligibili. La mente razionale comprende esprimendo e percependo in modo dualista. Su questo livello razionale il meglio a cui possiamo aspirare è esprimere le cose simbolicamente. La speranza è che l’intuizione possa operare negli approfondimenti elusivi, suggestivi, fugaci che la contemplazione di tali immagini offre. Infatti, questi simboli sono in qualche misura intercambiabili e serbano la loro utilità soltanto fino a che non sono analizzati troppo o troppo profondamente. Essi parlano all’intuizione, al sogno e all’immaginazione, e non – su qualsiasi altro livello che non sia quello superficiale – alla ragione o alla logica. Essi sono al loro meglio quando penetrano la consapevolezza in questa maniera evitando l’intercessione della ragione.

Mente, corpo e spirito sono spesso visti come cose separate, divisioni rigide, entità a pieno titolo. Comunemente, è come se uno spirito indossi la sua mente e il suo corpo più come un capo di vestiario, alla fine volando via per scambiare i suoi vecchi stracci per nuovi. Questa concezione che sorge dal dualismo – la filosofia degli opposti che sono inconciliabili – diviene discutibile ad un esame più attento, e presto si guasta. Per esempio, persino la volontà dualistica più incallita del tipo “gesso e formaggio, e mai i due si incontreranno”, di fronte alla canna di un fucile ammette il principio dello psicosomatismo, o interazione tra il mentale e il fisico. Nel contesto, stati mentali ed emozionali tali quali stress, ansietà e così via possono manifestarsi come malattie fisiche. Un esempio ovvio sarebbe un’ulcera dello stomaco prodotta dallo stress. Non sorprendentemente il principio opera anche nell’altra direzione, con stati fisici che influenzano l’equilibrio mentale o emozionale. Un cattivo raffreddore, per esempio, sembra logorarci in energia, e ci può rendere molto sensibili. Da tutto questo sembrerebbe quindi che vi è almeno un grado di mutua influenza, con i piani mentali e fisici che si influenzano l’un l’altro, compenetrandosi ed interagendo. Pensando a ciò uno si chiede dove si ferma il mentale ed inizia il fisico e viceversa. Gli stati psicologici, per dare un altro esempio, sembrano avere una correlazione biochimica; l’attività ormonale ha un profondo effetto sulla coscienza. Più tali punti sono considerati, più arbitraria diviene la linea tra la mente e il corpo, tra il mentale e il fisico, tra lo spirito e la materia. Le pratiche dell’hatha yoga, per esempio, quando intraprese in modo appropriato e assiduamente sembrano guidare a una più grande consapevolezza di una sacralità – un’unità mente/corpo, un senso di un campo o di una continuità di consapevolezza piuttosto che una molteplicità di parti. Sembra che quello che noi abbiamo, di fatto, è un continuum sul quale imponiamo classificazioni o divisioni arbitrarie e concettuali, tali quali mente, corpo, anima etc. Essenzialmente vi è una fusione o miscelazione, e non ha l’importanza di due penny se vediamo la mente come più solida, o in qualsiasi altro modo.

La stella quindi è essenzialmente indivisa, un continuum; e, al nucleo di ogni stella vi è Hadit, sede della Vera Volontà, la forza motrice o impulso dinamico. Essenzialmente ogni cosa che noi siamo è espressione, sviluppo, materializzazione o concretizzazione di questa essenza, questa Vera Volontà, questa fiamma che arde “nel nucleo di ogni stella”. Così come il fungo è il corpo fruttificato più denso – un’intricata struttura intessuta finemente o espressione del micelio sottostante – allo stesso modo ogni individuo è essenzialmente un’espressione, che fruttifica o che fiorisce della Vera Volontà, la fiamma che brucia al nucleo della stella, al nocciolo dell’essere. Da considerazioni come queste, è evidente che la Vera Volontà non è semplicemente qualche sorta di desiderio profondo in agguato dentro le profondità dell’individuo, attendendo di essere scoperto e portato alla consapevolezza attraverso appropriati rituali e meditazioni. Piuttosto, è un caso in cui l’individuo è a tutti i livelli un’espressione della Vera Volontà – e i livelli, come abbiamo visto, sono classificazioni arbitrarie.  La Vera Volontà, quindi, non è qualcosa che è posseduta dall’individuo, come qualche genere di tesoro sepolto. Essa è di fatto il vero seme o essenza dell’individuo, la fonte da cui egli sgorga. La volontà conscia è così un riflesso, una rifrazione o distorsione della Vera Volontà, non importa quanto oscurata. Hadit è un’identità più profonda, più essenziale.

Ogni cosa che abbiamo e ogni cosa che siamo nasce da questo nucleo. Come individui, come entità manifestate in questo universo “concreto”, siamo proiezioni, densamente intrecciate, lampeggianti da questo diamante interiore, da questo seme segreto. “Tu sia Hadit, il mio centro segreto, il mio cuore e la mia lingua” Questa è una ramificazione più profonda di Thelema; ed è importante comprendere questo, perché molte persone sembrano interpretare Thelema solamente in un senso comparativamente superficiale: quello dello scoprire il proprio giusto codice di condotta in quello che potrebbe essere descritto vagamente come l’Esterno, e seguendolo inesorabilmente, senza deviazione. Questo è vero al proprio livello, ma non penetra al cuore della questione – che è, naturalmente, da dove sgorgano le scintillanti e affascinanti incarnazioni e avvolgimenti di maya. Perché in verità noi siamo espressione del nostro nucleo, la nostra Vera Volontà; noi siamo il suo veicolo, e così non possiamo fare altro che la nostra Vera Volontà. Siamo 93 milioni di miglia lontani da Sir Peter Pendragon, che in Diary of a Drug Fiend di Crowley comprende che la sua Vera Volontà è essere un ingegnere di aeroplani. E tuttavia forse non così tanto lontani, perché per quanto esaltata possa essere divenuta la nostra Vera Volontà, deve trovare realizzazione adeguata e degna nell’Esterno, altrimenti la frustrazione è la nostra sorte.

Qui vi è un paradosso. Se ogni cosa che abbiamo e ogni cosa che siamo sono espressioni della nostra Vera Volontà, allora ci si chiede perché uno dovrebbe arrivare al fastidio del sangue, del sudore e delle lacrime per cercare di raggiungere la Conoscenza e la Conversazione del Santo Angelo Guardiano, quando di fatto egli non stava soltanto chiacchierando con quel compagno tutto il tempo, ma è quel compagno in essenza. La distinzione importante, comunque, sta nel realizzarsi o risvegliarsi a questa identità. Vi è qui un parallelo con tradizioni come il Buddismo Ch’an, dove si sottolinea che la chiave di tutto è semplicemente il risveglio alla realtà, e realizzare o ricordare chi si è realmente. Uno dei più famosi koan dallo Zen, la meglio conosciuta degenerazione giapponese del Ch’an, è il ricordare il proprio volto prima della nascita, il proprio volto originale. Il sognatore si sveglia, e comprende che egli stava sognando per tutto il tempo. La coscienza era ristretta, oscurata, confusa, ma non lo è più. Ora essa brucia in tutta la sua gloriosa intensità, il suo lustro naturale. In verità non vi è niente altro che coscienza. Ogni cosa che esiste è una manifestazione della coscienza, esattamente come il fungo è una manifestazione del micelio tessuta più densamente.

La Vera Volontà, quindi, non è una cosa statica sepolta dentro di noi, e che in qualche modo rimane da parte. Essa è dinamica. Non è Essere, ma Andare, e può essere rappresentata dall’ankh, crux ansata o cinturino alla caviglia, il simbolo egiziano dell’andare. Le stelle, dopo tutto, non sono ferme immobili nello spazio, ma sono in uno stato di velocità, di dinamismo, di moto. La definizione di Crowley della magick come energia che tende al cambiamento è qui importante, portando alla mente come fa l’idea del moto, di una successione di stati, di perpetua trasformazione. L’essenza della coscienza stellare, che si trova nel nucleo di ogni stella, è una continua esplosione di energia, sempre cangiante, sempre dinamica. L’intero universo è uno stato perpetuo, dinamico di crescita e caduta, di nascita e morte, di trasformazione infinita ed eterna, di creazione e distruzione. Come individui abbiamo la tendenza a pensare a noi stessi come non soggetti a questo cambiamento, ma di fatto noi siamo tanto una parte del ribollente torrente a cascata come qualsiasi altra cosa. Come l’energia tende a cambiare, anche noi siamo incarnati di nuovo in ogni istante. Come maghi dobbiamo dare il benvenuto a questa corrente sempre cangiante, questa eterna trasformazione, piuttosto che attaccarci disperatamente a qualche persona immaginata e illusoria, che dopo tutto è soltanto una maschera indossata al ballo. La schiuma è un’espressione transitoria della corrente, una forma gettata in mezzo al vortice e al turbine, e godendo di un’esistenza fugace e capricciosa prima della sua trasformazione, della sua reincarnazione in un'altra forma spontanea.  Noi siamo espressioni esteriori di una forza trainante basilare, schiume sulla corrente, transitorie restrizioni di coscienza. “Perché io sono divisa per il bene dell’amore, per la possibilità dell’unione”. L’apparente diversità dell’essere ha le sue radici in un Essere più profondo, più fondamentale; e quello stesso è un’apparenza sorgente dall’Andare, uno schema di energia che tende al cambiamento.

La chiave per il risveglio dal sogno della coscienza limitata è l’identificazione con questa corrente, che sorge dal nucleo di ogni stella, e quindi da Hadit. E l’applicazione di questa chiave consiste nel vedere le manifestazioni fenomeniche come ombre transienti quali sono, e cercare di penetrare nel nucleo all’interno, nell’essenza della coscienza stellare. Cosi noi scaviamo in profondità, sempre più in profondità e speriamo di emergere alla luce del giorno.

 

III.
 
Io sono il Serpente segreto avvolto a spirale pronto a scattare: nelle mie spire c’è la gioia. Se io sollevo il mio capo, io e la mia Nuit siamo uno. Se io abbasso il mio capo, ed emetto il veleno, allora c’è estasi della terra, e io e la terra siamo uno.
AL II, 26

 
Thelema a livello individuale è interessata al raggiungumento di questo centro segreto, questa Vera Volontà che risiede al nucleo di ogni stella. Una volta che queste profondità sono state scandagliate e reintegrate nella piena consapevolezza, allora la stella può risplendere nella sua piena intensità naturale e comincia a fiorire, a realizzare sé stessa. Come un sistema di realizzazione magica e mistica, Thelema ascrive grande enfasi nel realizzare la Conoscenza e Conversazione del Santo Angelo Custode. Vi è una qualche confusione su quello che si intende esattamente con il termine ‘Santo Angelo Custode’ e la natura dei frutti della sua Conoscenza e Conversazione. Questo è in parte una conseguenza di Crowley stesso che diede resoconti conflittuali di quello che l’esperienza significava, e da dove essa emergeva. È mia opinione che sfrondata dal gergo, tuttavia, essa implica il penetrare al nucleo della stella, con l’intero essere che opera alla reintegrata o ricostruita consapevolezza della sua vera natura e destino. Esteriormente ci sono alcune difficoltà con questa interpretazione.


Vi sono alcuni passaggi nelle sue scritture dove Crowley descrive il Santo Angelo Custode come un aspetto più profondo, più essenziale e più reale della natura stellare al nucleo. Questo suona un po’ sulle linee di quel venerabile termine occulto, ‘Il Sé Superiore’, tranne che non porta lo stesso sentore di sottigliezze morali. Possiamo trovare anche altri passaggi, comunque, dove egli dichiara che l’Angelo è un’entità a sé stante – completamente distinta dall’individuo a cui l’Angelo è stato assegnato, in qualche sorta di ruolo di assistente benevolo. In Magick Without Tears, che fu una delle sue ultime opere, è andato così lontano da riferirsi alla nozione, che l'Angelo è un aspetto più profondo dell'individuo, come una "dannata eresia".

Deve essere detto comunque che se dobbiamo prendere le sue ultime posizioni necessariamente come le più corrette, allora la nozione di un ‘Angelo’ separato non si posiziona facilmente con le più profonde ramificazioni di Thelema, e nemmeno con la metafisica – sia magica che mistica – che egli esplora altrove. Apprendiamo dalle Confessions che considerava come sua missione in vita insegnare la Conoscenza e Conversazione del Santo Angelo Custode, che egli vedeva come il Prossimo Stadio dell’umanità. Visto che in realtà è spesso preferibile andare avanti e fare le cose piuttosto che sedersi e masticare le minuzie metafisiche, si può forse ipotizzare che Crowley stava cercando di essere pragmatico – propagandando lo stadio in un linguaggio semplice, prontamente comprensibile, privato di considerazioni ampollose, lasciando la risoluzione delle implicazioni più profonde ad un secondo momento.  Ad un livello più profondo questo potrebbe essere avvenuto del tutto a proposito, visto che niente esiste al di fuori della coscienza.

Nei brani attinenti nelle sue scritture, il Santo Angelo Custode è identificato con il Sé-Nano, il Sé Silente, il Bambino nell’Uovo, Arpocrate, Hadit. In questo contesto essi indicano la Vera Volontà, il nucleo, il santuario segreto all’interno. Che questo è così può essere stabilito dai due estratti seguenti da Magical and Philosophical Commentaries:
 
... Hoor-paar-Kraat o Arpocrate, il “Bambino nell’Uovo di Blu”, non è semplicemente un Dio del Silenzio in senso convenzionale. Egli rappresenta il Sé Superiore, il Santo Angelo Guardiano. La connessione è con il simbolismo del Nano nella mitologia. Egli contiene ogni cosa dentro sé stesso, ma è non è manifestato.
 
...Ma la “Piccola Persona” del Misticismo Indù, il Nano pazzo tuttavia astuto, di molte leggende in molte regioni, è anch’esso questo stesso “Santo Spirito” o Sé Silente di un uomo, o il suo Santo Angelo Custode.
 
Il Sé-Nano è il Sé Silente all’interno, Hadit, che normalmente rimane velato nel suo santuario occulto – da qui il Dio Occulto. Anche Crowley identificò questo con quello a cui si riferiva come la Coscienza Fallica o Razziale, la forza che sottende la manifestazione, il cui rappresentante o vicereggente è il fallo – il trasmettitore della forza-vitale, l’energia vitale, che anima. Questa identificazione con la Coscienza Fallica offre un indizio vitale all’intuizione, perché l’impulso sessuale sembra spesso sgorgare da profondità oscure dentro l’individuo, in alcuni casi sembrando avere una volontà propria. Questo non è asserire una semplice identità tra la corrente sessuale e la Vera Volontà. Piuttosto il sesso è il velo finale, l’ultima maschera, il filo vitale nella struttura. Non è accidentale il fatto che Nuit e Hadit, ed il loro Figlio o congiunzione Ra-Hoor-Khuit, sono rivestiti nel simbolismo sessuale – perché il seme vitale risiede nel profondo al cuore della corrente sessuale. La creatività a tutti i livelli, su tutti i piani, è inestricabilmente legata al sesso.  A causa di ciò, l'autorità di condizionamento esterno ha sempre tentato di bloccare l'uso della corrente sessuale con tabù e repressioni, vedendo l'addomesticamento e l'imbroglio di questo potente torrente a cascata come uno strumento utile nell'asservimento degli individui.

Questa Coscienza Fallica – che sta alla base della corrente sessuale, e può essere definita un istinto più profondo, più primordiale – è la forza fondamentale della vita, l’istinto vitale, ed è quella che risiede nel nucleo di ogni stella. Meno una persona è in armonia con gli istinti e più questa forza è sperimentata come una energia aliena, anarchica, minacciosa e vulcanica. In tali momenti viene sentita come risvegli violenti o eccitazioni di una forza travolgente, percepita indefinitamente come sgorgante dal ‘di dentro’. Uno dei Libri Sacri, Liber A’ash vel Capricorni Pneumatici, riguarda questa Coscienza Fallica, questo Serpente all’interno. Esso è identificato inequivocabilmente con la suprema forza magica, la creatività primordiale. In modo cruciale viene descritta come essere essenzialmente impersonale, celandosi nella incarnazione al fine di trasmettere sé stessa, di portare il seme sempre avanti. Il linguaggio di questo Liber è ricco e sensuale e le implicazioni sono inconfondibili.

L’essenza di questa forza risiede nella sua impersonalità. Di fatto essa non ha utilità per l'individuo se non nella misura in cui egli è espressione e trasmissione di questa forza, la sua incarnazione. Egli è realmente niente più che il suo veicolo. Al suo nucleo, il centro da cui essa nasce, questa energia è la più pura concentrazione della Corrente 93 – di fatto essa è la Corrente 93. A livello individuale, essa si focalizza intorno ad un centro di gravità, formando una concrezione; e questa concrezione è il nucleo, “il cuore della stella”. Questo cuore è sempre una focalizzazione dinamica, comunque, e non un centro statico, auto-esistente. Esso è piuttosto la convergenza transitoria di energia o vitalità, il fiore che passa con la sua stagione. Ancora una volta, l’essenza della materia non risiede nell’Essere ma nell’Andare, nell’energia tendente al cambiamento.

Fu impresa di Freud dimostrare che i valori sociali e culturali venivano nutriti nel terreno della libido soppressa. Egli riconobbe che alla radice di questa libido vi era la forza trainante, la forza creativa nell’uomo – sia che la creazione fosse sul piano fisico, mentale o spirituale. C’è bisogno solo di andare a uno stadio ulteriore per vedere ogni cosa – l’intera struttura della manifestazione, maya, il lila, il sogno del vivere – come un’espressione e concentrazione di questa energia. Quello che viene alla mente qui è l’idea di Austin Spare della “eterna fornicazione”, di “tutte le cose fornicano tutto il tempo”. Egli riconobbe che la stessa energia che guida la forza creativa nell’uomo tesse anche lila. È la struttura con cui l’intero arazzo, affascinante, seducente, viene tessuto.

La spinta o corrente sessuale come comunemente sperimentata è spesso una sfinge all’individuo, che è il suo veicolo o espressione. Quello che passa per spinta sessuale in tali casi è semplicemente un insulso riflesso di quella energia dinamica, primordiale, che sta alla base della manifestazione, e al di fuori della quale la lila danza. L’inclinazione naturale di questa forza è verso la pansessualità; e la visione di “tutte le cose fornicano tutto il tempo” è un’intuizione comprensiva di questa natura. Lo scopo della Magick è realizzare la propria identità con questa corrente, scaturente dal nucleo della Vera Volontà, e permettere la sua piena e adeguata fioritura.

 Questo sentiero – di utilizzare la forza al cuore della manifestazione nella sua forma diretta, pura, al fine di operare cambiamento in lila – è il sentiero della Corrente Ofidiana. Essa è la via della Sex Magick; e anche se diretta, è precaria e piena di pericoli per l’incauto. La Magick deriva in termini etimologici dalla stessa radice di maya, la recita dell’illusione o manifestazione, ed essa significa la manipolazione di quella maya o illusione. Di tutte le illusioni nessuna è più potente o affascinante di quella che brilla e scintilla con l’attrattiva oscura del sesso. Il mago che usa la Corrente Ofidiana deve essere capace di disaccoppiare la corrente sessuale dalla brama, che è la confezione decorata e graziosa in cui la corrente sessuale è di solito condizionata a fluire. La forza può essere incanalata in altre direzioni. L’essenza dell’occultismo creativo è di incanalare, per virtù di un intento consacrato, il flusso di questa forza in direzioni specifiche o forme – e quindi di manipolare maya, di istruire nuove danze, di formare nuovi schemi. Il pericolo risiede nel fatto che se dovesse rimanere qualche macchia di lussuria la Corrente Ofidiana la dilaterà a tali proporzioni che il mago sfortunato cadrà preda dell’ossessione, dei vampiri sessuali che egli ha creato inconsapevolmente.

Naturalmente la Magick sessuale non è il solo sentiero alla liberazione o risveglio. Essa ha, comunque, il vantaggio di operare attraverso e con maya, piuttosto che cercare di rigettarla come una illusione. Come dice il Kulanarva Tantra quello che porta all’inferno può portare anche al paradiso. Nella realtà il sogno del vivere è nostro, e noi facciamo con esso quello che vogliamo.

Il verso dal Liber AL citato all’inizio di questa sessione riguarda l’uso della Corrente Ofidiana. Inevitabilmente le idee sono rivestite dal simbolismo, poichè gli assiomi che esse stanno cercando di trasmettere sono al di là delle dualità della ragione, parola o pensiero. Esse sono meglio accennate, quindi, attraverso sguardi provocanti che sono diretti all’idea. Tali simboli sono recepiti intuitivamente, e richiamano per analogia o intuizione quello che è troppo fugace per un’espressione più concreta. L’immagine del “Serpente segreto” suggerisce una connessione sessuale, naturalmente; e la sua forma avvolta a spirale indica kundalini, la forza centrale magica nell’uomo, raffigurata come avvolta a spirale intorno alla base della spina dorsale. Essa è “avvolta e pronta a balzare” perché è dinamica, piena di energia. Le sue spire sono gioiose, e questa gioia o estasi è la natura alla base della manifestazione, maya, lila.
“Ricordate tutti voi che l’esistenza è pura gioia…”

Figurativamente, questa forza può essere diretta verso l’alto ad una unione mistica, estatica con Nuit; o verso il basso ad un rapimento magico con e della terra. Vi è qui un’eco ad un verso precedente del Liber AL, all’apertura del primo capitolo, dove sono menzionati tre gradi – l’Eremita, l’Amante e l’Uomo della Terra. L’Eremita forse è colui che dirige la corrente verso l’alto, ad una unione con Nuit. L’Uomo della Terra porta la corrente ad “abbassarsi sotto” la sua testa ed a “scagliare veleno”. L’Amante combina questi approcci ne “l’amore sotto la volontà”, utilizzando i fiori della manifestazione come un Sacramento, raggiungendo la loro essenza e risvegliandosi all’identità, alla suprema auto-realizzazione. Questa è forse la Suprema Via, vivendo la vita al suo massimo, perché è un Sacramento, una Danza dell’Esistenza rappresentata per il suo proprio piacere.

IV.
 
Allora il sacerdote rispose e disse alla Regina dello Spazio, baciando le sue ciglia amabili, e la rugiada della sua luce che bagnava tutto il di lui corpo in un profumo dal dolce odore di sudore: O Nuit, continuità del Cielo, lascia che sia sempre così; che gli uomini non parlino di Te come Una ma come Nessuna; e che non parlino affatto di te, giacché tu sei la continuità!
AL I, 27

 
 
Abbiamo visto nella precedente sezione di questo saggio che la Vera Volontà risiede nel nucleo della stella, e nasce dal suo punto Hadit, il suo seme segreto. Infatti, la Vera Volontà è un’espressione di questo bindu, una fioritura del suo dinamismo. Paradossalmente come può sembrare a prima vista, ogni cosa che noi abbiamo, siamo e facciamo è un’espressione della Vera Volontà, come il ragno tesse la sua tela. In questo caso la tela è naturalmente la danza di maya, il sogno del vivere.
 
Vi è un ulteriore paradosso, che è quello che la diversità apparente delle stelle condivide un nucleo comune. L’umanità condivide un letto comune, e a livelli di coscienza progressivamente più profondi l’individuo si fonde nella coscienza razziale o inconscio collettivo. Come l’individuo è alla radice un’espressione e una fioritura della Vera Volontà, così la Vera Volontà è un aspetto o espressione parziale di una più profonda, più vasta Volontà Collettiva o Cosmica, così come Sirio è il sole dietro il nostro sole. Questo è adombrato nella frase del Liber AL precedentemente citata, dove Hadit dichiara che “Io sono la fiamma che brucia in ogni cuore di uomo, e nel nucleo di ogni stella” Vi è una indicazione ulteriore nella frase “Io sono ovunque il centro, come lei, la circonferenza, non si trova da nessuna parte”.

In realtà, considerare la situazione come una molteplicità di Vere Volontà, che in qualche modo si fondono o si miscelano in un arazzo molto più grande, è solo una semplificazione. A rischio di evocare richiami di “Alice nel Paese delle Meraviglie” possiamo forse dire che noi andiamo verso l’interno soltanto per emergere, sbattendo le palpebre verso l’esterno. Mentre viaggiamo sempre più profondamente, in quello che possiamo affettuosamente considerare come il nostro nucleo più intimo di essere, il terreno cambia gradualmente, e ci troviamo a penetrare sempre più in profondità nel nucleo dell’Essere stesso, piuttosto di quello che avevamo fin qui considerato come il ‘nostro proprio’ essere. È l’estensione della ‘nostra’ coscienza a includere tutta le altre coscienze: eccetto che, nel processo, diveniamo sempre più noi stessi, ci risvegliamo sempre più alla nostra vera identità. Tuttavia, al fine di discutere queste argomenti dobbiamo mantenerli su un terreno relativamente semplice, espressi in termini comprensibili nel linguaggio del dualismo.

Così possiamo dire che la Vera Volontà individuale è un aspetto della Volontà Cosmica, e da questo punto di vista quindi l’individualità è più apparente che reale. Questo indirizza in sé un’obiezione alla espressione esoterica di Thelema: quella di un possibile scontro di Vere Volontà. Questa obiezione fu menzionata a Crowley, senza dubbio non per la prima volta – da C. R. Cammell, allora amico di Crowley e ammiratore della sua capacità letteraria, ma ostile alle sue idee magiche e mistiche. Crowley replicò di conseguenza che la somma delle Vere Volontà individuali era la Volontà Cosmica, il Grande Disegno, Dio; così il conflitto non potrebbe sorgere perché tutte le Vere Volontà si fondono, essendo tutte aspetti dello Schema Divino. Cammell ci riferisce, in qualche modo accondiscendendo, che trovò questa risposta ingegnosa ma non convincente. Senza una qualche stima dei sostegni metafisici di Thelema, senza qualche adombramento intuitivo delle sue sottigliezze più magiche e mistiche, forse non c’è da stupirsi. Tuttavia, una volta che iniziamo a comprendere che l’individualità è più apparente che reale, le cose iniziano ad andare al loro posto. Questo è riecheggiato dalle parole di Nuit nel Liber AL: “Perché io sono divisa per il bene dell’amore, per la possibilità dell’unione”.

Questo è lo sfondo da dove nasce l’individualità, che è apparente piuttosto che reale, e così partecipe di maya, l’illusione, che è anche dove essa ritorna. Questa idea non è unica a Thelema. Di fatto la sua affinità rispetto a questo con altre tradizioni quali il Ch’an, l’Advaita Vedanta, e la corrente Prajnaparamita del Buddismo rafforza e conferma questa idea. L’Advaita è spesso considerato come un monismo, una affermazione che tutto è uno, ma tale interpretazione è errata. Di fatto ‘advaita’ è una parola sanscrita che significa semplicemente ‘non diviso’. La differenza può sembrare sottile al punto della pedanteria ma è una distinzione cruciale. Il termine ‘uno’ ha significato soltanto in contrasto ai ‘molti’; così una volta che non ci sono più ‘molti’, il termine ‘uno’ è senza significato. È più accurato attenersi al significato letterale di ‘non diviso’. Il sunyavada è spesso visto come un ulteriore raffinamento e sottigliezza dell’advaita, ma essenzialmente vi è poca differenza pratica. Una volta che hai abolito la diversità, importa poco come chiami quello che rimane – presupponendo che qualcosa rimanga. Le differenze dottrinali tra advaita e sunyavada possono tranquillamente essere non considerate per gli scopi di questo saggio.

È in questo contesto che possiamo ritornare ancora una volta all’immagine della cipolla, con i suoi molti strati, livelli, o bucce. È una buona immagine per Thelema e per il viaggio al nucleo della Corrente 93, perché più strati togliamo più in profondità penetriamo al nucleo. In quel nucleo brucia la Corrente 93 in tutta la sua gloria fiammeggiante, ed essa crea la lila, la danza di maya, per il suo proprio diletto. Questa illusione o maya, oltre a cui non vi è niente, che nasce dal niente, e che essenzialmente è niente, non ha scopo. Essa è puro diletto, pura gioia; e l’intera estensione dell’esistenza, con i suoi piaceri e dolori apparenti, tristezza e felicità, si risolve in questo. È questa casualità, questa inutilità dell’esistenza, che molte persone trovano difficile da accettare. Essa è inoltre la ragione del perché così tanti in Occidente alla fine non riescono ad arrivare a condizioni con essa, e quindi rifiutano le comprensioni di quella corrente rappresentata da tali tradizioni come l’advaita, il Ch’an ed il sunyavada. Persino un grande pensatore come Einstein, le cui scoperte hanno dato origine alla fisica quantistica non poteva affrontare la natura casuale dell’esistenza che questa teoria sembra implicare così inesorabilmente. Egli dichiarò che rifiutava di credere che Dio giocasse a dadi con l’universo. Nell’analisi finale Einstein come quasi tutti gli altri, dimostrò di essere legato ai propri preconcetti.

La ricerca per lo scopo o significato è la roccia sulla quale tutte le filosofie o tradizioni devono alla fine sfracellarsi, a meno che esse erigano uno scopo come un atto di fede. Tuttavia la questione stessa quando esaminata è piuttosto strana. Dopo tutto perché ci dovrebbe essere uno scopo all’esistenza? Su un livello individuale forse la ricerca di uno scopo tradisce un’incapacità di godere il qui e ora, di partecipare al divino sacramento dell’esistenza. La metafisica Indù erige la concezione di vaste epoche di tempo, che si estendono per miliardi di anni, alla fine risolvendosi in un Giorno e una Notte di Brahma, l’eterno e consecutivo emergere e dissolversi della manifestazione. Contro questo sfondo, idee di auto-perfezione, evoluzione della coscienza individuale e così via, iniziano ad apparire piuttosto umoristiche. Se come individui non siamo felici con la direzione – o direzione apparente – che le nostre vite stanno prendendo allora è compito nostro iniettare uno scopo nella nostra esistenza, se questo è quello che sembra mancare. Questo dovrebbe essere riconosciuto, tuttavia, come l’atto di pragmatismo che è. Non vi sono motivi per attribuirlo ad una scala cosmica.

La fisica a livello sub-atomico tende ad aggiungere peso a tale immagine come l’unica offertaci fin qui nella nostra considerazione di Thelema. Essa non dipinge esattamente lo stesso ritratto e nemmeno dovremmo aspettarcelo. Ma comunque fornisce una base per l’intuizione per affrontare il santuario da un altro angolo ed arrivare sempre gioiosi al santuario interiore. Questo territorio è stato ben esplorato da Fritjof Capra nel suo libro, Il Tao della Fisica, e non è appropriato per noi presentarlo in profondità. In sunto la materia è composta di atomi, e gli atomi sono essi stessi composti di particelle sub-atomiche di diverso tipo. I fisici sono, sono sempre stati, e senza dubbio saranno sempre, pieni di speranza di scoprire un’unità indivisibile della materia, senza riguardo alla sua scala. Tristemente per la loro ambizione, essi devono ancora scoprire qualcosa che, sotto stretto esame, non si scompone in più piccole particelle costituenti. Sulla base delle tendenze passate e presenti, sembra quindi che via sia poca prospettiva che sia scoperta qualcosa che non sia costituita in questo modo. L’elemento costitutivo finale della materia si dimostra essere elusivo in modo notevole, e probabilmente non esiste, paradossalmente come potrebbe sembrare. Ci aggrappiamo alla materia e lì non ci troviamo niente! Invece vi è una infinita regressione di classificazioni, una eterna successione di scatole dentro le scatole. La fisica quantistica suggerisce una drastica alterazione della visione del mondo degli Occidentali, evocando echi di una frase che risuona dal Liber AL: “.. perché io ho frantumato un Universo; e niente rimane”.
 
Tuttavia le particelle che hanno fin qui civettato davanti al nostro sguardo stupito esibiscono diverse curiose caratteristiche – perlomeno curiose nei termini di nozioni accettate della realtà. La stessa ‘particella’ si comporta sia come un’onda di energia che come una particella e sembra essere entrambe simultaneamente. Questo dà luogo ad un’immagine piuttosto bella, quella della materia che è composta al livello subatomico di onde interdipendenti di energia. Su una vasta scala queste formano strutture e queste strutture sono maya, la danza dell’illusione, o l’esistenza come noi la conosciamo – o pensiamo di conoscerla. Siamo ora nella posizione di compiere un meraviglioso salto intuitivo ed identificare questa energia – onde che costituiscono la materia – con la Corrente 93, gli eterni intrecci e i vortici e i giochi della Vera Volontà. Questo si adatta bene alla mitologia Indù, la manifestazione che nasce direttamente dal gioco d’amore di Radha e Krishna. Essa è rispecchiata anche nel Liber AL, dove la manifestazione è il bambino Ra-Hoor-Khuit, che sorge dall’accoppiamento di Nuit e Hadit.

 
Un’altra curiosa caratteristica delle particelle o onde a questo livello subatomico è la loro apparente casualità o mancanza di prevedibilità. Tutto quello che può essere detto è che vi sarà per esse una tendenza a comportarsi in tale e tale modo nel corso dell’esperimento. È stato inoltre scoperto che la presenza di un osservatore di per sé altera il comportamento delle particelle a questo livello, dimostrando in questo modo che vi è almeno una certa quantità di interazione tra l’osservatore e ciò che è osservato. Data l’immagine raffigurata prima, che ritrae ‘oggetti’ come campi di energia vibranti e dinamici, vi deve essere un qualche grado di interazione e scambio tra questi campi. In altre parole, questi oggetti o campi non sono entità indipendenti come tali, nemmeno distinti fasci di energia. Invece l’entità tende verso una certa forma, un’approssimazione, ma vi è uno scambio costante e marginale con altre entità. Una volta stavo ascoltando un programma radio sulla ricerca nella fisica sub-atomica ed il comportamento delle particelle, e ascoltai una persona intervistata dire di come alcuni esperimenti avevano dimostrato che è possibile per l’osservatore influenzare mentalmente il comportamento delle particelle. Purtroppo, non mi sono mai imbattuto in un’altra menzione di ciò, e così non sono in grado di provarla. Tuttavia, dato l’ambito delineato sopra, e l’interpenetrazione dei campi di energia, non sarebbe certo sorprendente se la ricerca avesse scoperto qualcosa su queste linee.

È questa malleabilità della materia o maya, la natura della quale è illusione, di cui il mago si serve nelle sue manipolazioni. Thelema ci porta nel cuore dell’illusione, dandoci uno sguardo nella natura della realtà, e permettendoci quindi di realizzare la nostra identità con quella rappresentazione.
 

V.
 
 
Il Perfetto e il Perfetto sono un Perfetto e non due; no, sono nessuno! Nulla è una chiave segreta di questa legge. Sessantuno la chiamano gli Ebrei: io la chiamo otto, ottanta, quattrocento e diciotto.
Ma essi hanno la metà: riuniscilo con la tua arte così che tutto scompaia.
AL I, 45-47

 
Nel nucleo di Thelema, come nel nucleo della materia – poiché i due non sono differenti – vi è un vuoto o nulla. Ciò nonostante questo nulla è anche un pieno, perché è da questo nulla che sorge la piena panoplia della manifestazione. Paradossalmente, il vuoto contiene il seme di tutto, secernendo la manifestazione o lila nel suo centro segreto. Questo dà luogo alla formula al cuore di Thelema, quella di 0 = 2. Più andiamo all’interno di Thelema più le cose sembrano divenire paradossali, e questi paradossi possono essere classificati sotto il primo paradosso di questa formula. Essa è alcune volte espressa come NOX, 210. Posta semplicemente, la diversità apparente è simbolizzata come due, sorgendo dallo zero ed equivalente a zero. Essenzialmente non vi è differenza tra il due e lo zero o nulla. 210 è un raffinamento ulteriore, mostrando la riduzione del due a uno e quindi allo zero; tuttavia, come menzionato nella sezione precedente di questo saggio, la riduzione a uno è più uno pseudo-stadio che altro. La formula è anche alcune volte espressa come (+1) + (-1) = 0, dove +1 e -1 rappresentano la dualità, la polarità, i due poli della diversità apparente, i principi maschili e femminili. Essa inoltre esprime un’altra nozione di equilibrio, il vuoto o zero che include in sé stesso sia l’Essere che il Non-Essere. È in questa formula dello 0 = 2 che la Fisica Quantica e Thelema convergono. Questo non è del tutto sorprendente, perché è l’energia di 93 o Thelema che sta alla base di tutto, e che è “in ogni dove il centro”. Nel mondo della manifestazione la polarità è un concetto chiave, il meccanismo attraverso il quale sorge la manifestazione. Per quanto possiamo vedere la manifestazione è sempre bilanciata o polarizzata. Qualsiasi manifestazione che sorge dal vuoto al cuore dell’esistenza, può soltanto essere in termini di equilibrio o polarizzazione – quindi l’espressione 0 = (+1) + (-1). Lo zero, nulla o vuoto, non è semplicemente la negazione della materia o di qualcosa ma contiene anche l’opposto o non-manifestazione. Questo è naturalmente simile al cosiddetto Doppio Negativo di Shen Hui.

La quiescenza nella materia o manifestazione è solo e sempre apparente, e vista come se fosse lontano. A livello sub-atomico, come abbiamo visto, le particelle sono fasci di energia in uno stato di velocità interdipendente. La manifestazione è sempre dinamica, sempre in uno stato di andare e mai statica. La stabilità è sempre prodotta da un equilibrio di forze o energie dinamiche; in realtà tutto è in uno stato di flusso e riflusso. Di nuovo, questo illustra la definizione di magick di Crowley come energia tendente al cambiamento, così come l’idea che la magick non è Essere ma Andare. La Corrente 93 è sempre dinamica, creando sempre di nuovo, volteggiando sempre tra creazione e dissoluzione. Per ritornare ad una precedente analogia, è dai fili sottili del micelio che i corpi fruttiferi o i funghi sono orditi, successivamente fruttificando e morendo. La materia sorge, fiorisce, ricade nella dissoluzione, e quindi sorge di nuovo in qualche altra forma. Vi sono onde di energia finemente intessute, catturate in una danza perpetua di estasi, di gioia, di accoppiamento, movendosi a spirale e girando vorticosamente. Uno dei testi tantrici tradotti da Woodroffe ha il titolo “Onda di Beatitudine”. E questo titolo suggerisce bene la danza di maya.

È futile cercare lo scopo o ragione di questa lila perpetua, questo gioco di creazione e distruzione consecutivi. Alla fine, è amore-di sé o estasi, “perché io sono divisa per il bene dell’amore, per la possibilità dell’unione”. Una volta che siamo armonizzati a questa corrente, possiamo anche condividere questo sentimento, che è del piacere più alto. La manifestazione nasce dallo zero e ritorna allo zero. Fa questo non in infiniti eoni di tempo – perché il tempo è illusorio come la materia – ma in ogni istante. Un simbolo comune per l’infinito è l’otto orizzontale, che trasmette bene il senso del moto perpetuo, del volteggiare dentro e fuori della manifestazione, un equilibrio dinamico e polarizzato. Ci stiamo quindi incarnando sempre di nuovo in questo spettacolo di delizia, questo viaggio estatico attraverso l’oceano della beatitudine. Siamo sempre in uno stato dinamico di cambiamento, di trasformazione, di magick nel sacramento dell’esistenza. La vita non ha bisogno di altro sigillo o approvazione che questo.

 
Anche il Santo venne a me, e io contemplai un cigno bianco fluttuante nel blu.
 
Tra le sue ali io mi trovai sazio, e gli eoni scomparirono.
 
Quindi il cigno volò e discese in picchiata, e tuttavia noi non andammo in nessun luogo.

Un piccolo ragazzo pazzo che viaggiava con me parlò con il cigno e disse:
 
Chi sei tu che fluttui e voli e discendi e ti libri nel vacuo? Guarda, tanti di questi eoni sono passati; da dove vieni? Dove andrai?

E io ridendo di lui, dicendo: Non da dove! Non dove!

Rimanendo il cigno silente, egli rispose: Allora se con nessuno scopo, perché questo viaggio eterno? E io posi la mia testa contro la Testa del Cigno e risi dicendo: Non vi è gioia ineffabile in questo volare senza meta? Non vi è stanchezza e impazienza per chi intende realizzare qualche scopo?

E il cigno era sempre silente! Ah! Ma noi galleggiammo nell’Abisso infinito. Gioia! Gioia! Cigno bianco, sostienimi tra le tue ali!
Liber LXV, Cap. II, 17-25.

 
Perseguendo il nostro viaggio estatico nel cuore della materia, siamo arrivati al suo centro, al vuoto. È importante tuttavia che questo vuoto non sia pensato come qualcosa di più ‘reale’ che la manifestazione; o viceversa che la manifestazione non sia in qualche modo denigrata o abbassata di rango da considerazioni riguardo quello che sta dietro di essa. Questo sarebbe blasfemo, una negazione della natura sacramentale dell’esistenza, una forma non troppo sottile di dualismo, e una incomprensione disastrosa ed assurda della situazione. Poiché zero è uguale a due, e due è uguale a zero. Essi sono identici, del tutto identici, e così entrambi aspetti o complementari di eguale importanza. Se questo non è chiaro allora possiamo vedere il demone Manicheo fare cenni seducenti da lontano.

Qui risiede un principio molto semplice – quello di non confondere i piani. Una illustrazione fondamentale sarà sufficiente. Nuit dice: “Non ci sia differenza tra voi tra una cosa e qualsiasi altra cosa; perché a causa di ciò arriva il danno”. Una semplice considerazione dell’advaita suggerisce che, di fatto, tutte le differenze sono imposizioni concettuali su una continuità. Per tutto questo se io scelgo di bere una calda e buona coppa di cicuta piuttosto che la mia solita ovomaltina allora il mio non riuscire a percepire la differenza tra le due bevande porta alla distruzione del mio presente veicolo di incarnazione. Da un certo punto di vista, naturalmente, si può dire che questo non fa differenza: io come una entità apparente ho solo un’esistenza transitoria comunque, uno spettro incorporeo nella foschia del mattino. Logicamente, non vi è alcun profitto a sostenere il punto di vista che potrebbe dire “noi moriremo tutti prima o poi, così che importa?”. L’esistenza è essenzialmente un sacramento, comunque, di cui esserne partecipe con tutto il cuore. Per citare Nietzsche: “Tutta la gioia vuole eternità – vuole un’eternità profonda, profonda, profonda”.

Di nuovo, può sembrare paradossale, ma una volta che ci siamo risvegliati, che abbiamo realizzato la natura della lila, continuiamo come prima – ma con la differenza che sappiamo che è un gioco. Un po’ come la parabola Zen sulle montagne e le valli. Una volta vedevo le montagne come montagne e le valli come valli. Poi ricercai l’illuminazione e le montagne non erano più montagne e le valli non erano più valli. Ma ora le montagne sono di nuovo montagne e le valli sono di nuovo valli. Una volta risvegliati, continuiamo a recitare la parte; ma non siamo più assorbiti nel dramma, perduti nel ruolo; perché noi siamo svegli, e sappiamo che questo è soltanto un sogno. Questa è la più alta alchimia. È importante cogliere questo punto perché altrimenti sorgerà una confusione grossolana e al sacramento sarà negata la sua natura sacramentale. La lila è illusione dal punto di vista che è un niente che si maschera come qualcosa ma reale nel senso che essa è sorta da quel niente. Lo pseudonimo Wei Wu Wei dice “Io sono perché io non sono”. Questo sembra paradossale, e non ha alcun senso per l’intelletto. Esso può, tuttavia essere intuito – e colto per un istante, fugacemente, da qualche parte del nostro essere che è “al di là di tutto io sono”.

Una volta che ci siamo risvegliati, da allora in poi non risiediamo permanentemente nella consapevolezza della nostra identità fondamentale. Piuttosto entriamo ed usciamo da questa comprensione, questa consapevolezza –  o piuttosto, così sembra alle nostre sensibilità legate alla terra. Non può essere afferrato ma è uno spirito libero, che sceglie di venire e andare come gli aggrada. Noi non viviamo – siamo vissuti. La lila si manifesta temporaneamente come anche carnalmente; e, essendo il tempo illusorio, i bagliori del risveglio non ci appaiono sequenziali né coerenti. È di fatto patetico tentare di rivestire questi dardi di intuizione con il linguaggio, per sua propria natura balbettante, vacillante ed incoerente. Tuttavia, forse in tali tentativi noi puntiamo un dito verso la luna, e almeno diamo all’intuizione una qualche sorta di indicazione direzionale.

Ma dovremmo essere contenti di fare qualche tuffo occasionale in piscina, nell’estasi e nel miracolo del risveglio alla nostra identità, nella quale siamo contigui sia con tutta la manifestazione che con la non-manifestazione, e tuttavia anche al di là di entrambe. Tutto e Nulla devono essere abbracciati con eguale fervore, mentre andiamo rallegrandoci sulla nostra strada, roteando in questo modo e in quello spettacolo glorioso che è la nostra creazione, in una comunione estatica sia dell’edonista che dell’ascetico, sia del partecipe che dell’eremita - dimorando entrambi sia all'interno di tutto, che oltre a tutto.
 
Perché – non è questa la nostra Volontà?

 


 
APPENDICE

 
Anch’io sono una Stella nello Spazio, unica ed esistente in sé stessa, un’essenza individuale incorruttibile; anch’io sono un’Anima; io sono identico a Tutti e a Nessuno. Io sono in Tutto e Tutto è in me; io sono, separato da tutto e signore di tutto, una cosa sola con tutto.
Io sono Dio; io stesso Dio dello stesso Dio; percorro la mia via per operare la mia volontà; della materia e del moto mi sono fatto uno specchio; ho decretato per la mia gioia che il Nulla debba immaginarsi doppio, affinché potessi sognare una danza di nomi e di nature, e godere la sostanza della semplicità osservando il vagare delle mie ombre.
Io non sono ciò che non è. Io non so ciò che non sa; io non amo ciò che non ama. Perché io sono l’Amore grazie al quale ogni divisione muore nella gioia.
Io sono la Conoscenza grazie alla quale tutte le parti, immerse nel Tutto, periscono e passano nella perfezione; e sono ciò che sono, l’Essere in cui l’Essere è perduto nel Nulla, e che non si degna di essere se non per la sua Volontà di rivelare la sua natura, per la necessità di esprimere la sua perfezione in tutte le possibilità di cui ogni fase è un fantasma parziale, eppure inevitabile e assoluto.
Io sono Onnisciente, perché nulla esiste per me, a meno che io lo conosca.
Io sono Onnipotente, perché nulla avviene se non per la Necessità che è l’espressione della mia anima attraverso la mia volontà di essere, di fare, di soffrire i suoi stessi simboli.
Io sono Onnipresente, perché nulla esiste dove io non sono, e ho foggiato lo spazio quale condizione della mia coscienza di me stesso, che sono il centro di tutto, e la mia circonferenza è la cornice della mia fantasia.
Io sono il Tutto, perché tutto ciò che esiste per me è un’espressione necessaria nel pensiero di qualche tendenza della mia natura, e tutti i miei pensieri sono solo le lettere del mio Nome.
Io sono l’Uno, perché tutto ciò che sono non è il Tutto assoluto, e tutto il mio tutto è mio e non di un altro; mio, ed io concepisco gli altri come me stesso in essenza e verità, eppure diversi nell’espressione e nell’illusione.
Io non sono il Nessuno, perché tutto ciò che sono è l’immagine imperfetta del perfetto; ogni fantasma parziale deve perire nella stretta della sua controparte; ogni forma si completa torvando il suo contrario adeguato e soddisfacendo il suo bisogno d’essere l’Assoluto mediante il conseguimento dell’annientamento.

(Magick, cit., p.500-501).
Aleister Crowley, Rituale del Segno della Bestia