Lilith o dello smembramento della natura femminile

 Di Marina Aracne

“Nell'ora in cui l'uomo si unisce con sua moglie deve volgere il pensiero alla santità del suo Signore, e dire:

«Coperta di morbido velluto – sei tu qui? Via, via! Non entrare e non uscire! Nulla di tuo e nulla della tua parte! Voltati, voltati, il mare infuria, le sue onde ti chiamano. Ma io afferro la parte santa, con la santità del Re il sono ricoperto”.

Poi deve avvolgere per un certo tempo la sua testa e quella di sua moglie in un panno, e successivamente spruzzare limpida acqua attorno al letto. 

( Invocazione per il rituale contro Lilith, da eseguirsi prima della copula matrimoniale. Zohar III,19a)

 "I gatti selvatici si incontreranno con le iene, e i satiri si chiameranno l’un l’altro; vi farà sosta anche Lilith e vi troverà tranquilla dimora".

(La Genesi-Isaia 34,14:)

 

 Una forma archetipica , un'idea accettata e conosciuta universalmente , un complesso evocato dall'inconscio dell'individuo fino a trasformarsi in pensiero ossessivo e ricettacolo di paure.

Lei, dea-demone-vampira-Lilith, principio di ogni lascivia e  seduzione mortale e mortifera non ha forse età, anche se la tradizione ebraica la antepone ad Eva come prima sposa di Adamo; nata anch'essa dal fango si sentiva in tutto simile al suo compagno arrivando a rivendicare presso Dio una condizione di assoluta parità, anche sessuale e fu per questo scacciata dal paradiso terrestre e costretta a rifugiarsi nelle spiagge del Mar Rosso, dove si unì al demone Samaele. Sempre secondo il mito, l'ira divina l'aveva condannata a veder morire i " lilim" (demoni)  che aveva generato, così essa giurò vendetta al genere umano e alla sua progenie.

 Lilith ricorda molto da vicino le Lamie della tragedia greca, e' senza dubbio più di un simbolo allegorico dal momento che, ora temuta, ora oggetto di culto, ha nutrito l'aspetto religioso e ritualistico di importanti

civiltà del passato.

E’indubbia la sua origine sumera, infatti nell'epopea di Gilgamesh apprendiamo come il padre dell'eroe fosse un "lillu", vampiro di sesso maschile.

 La radice semantica e' “lil”, una civetta dalle qualità demoniache abituata a vivere in tronchi di salice sulle rive dell'Eufrate.

Da notare come il piccolo rapace notturno, chiamato in latino "Strix" ( da cui deriva il termine" strega"), fosse sacro all'egizia Nephtis , la parte oscura di Iside, ma anche alla libica Neith.

 Per gli arabi e gli ebrei, che faranno originare il nome Lilith da " lavil" (notte), l'essere mostruoso e' caratterizzato dalle grandi ali e dall'ipertricosi del suo corpo.

A giudizio di alcuni studiosi la dottrina religiosa ebraica avrebbe messo Lilith nel novero dei demoni-vampiri dopo la cattività babilonese, luogo nel quale era diffuso il culto di Ishtar, la dea  sensuale spesso raffigurata come alata. L'idea radicata nelle religioni semite dell'archetipo femminile appare quindi sempre lussurioso e deleterio per l'uomo.

 Basterebbe del resto una semplice ricognizione sulle sterminate raffigurazioni arcaiche del femminile e delle sue idolatrie, per rendersi conto degli evidenti transiti e delle complesse ma palesi relazioni tra la presunta Lilith e le altre femminilità “rovesciate” o terrificanti, diversamente idolatrate e divinizzate.

Contraltare delle immagini religiose dove la figura femminile e' volutamente asettica, asessuata e slavata, fino alla sua consunzione muliebre, Lilith risalta invece per la sua conturbante seduzione.

I suoi capelli nerissimi e lunghi scendono accarezzando morbidamente le i fianchi, velando e al contempo svelando le sue forme allo sguardo.

 Il viso, pallidissimo, e' bistrato in modo osceno con i colori volgari della meretrice, gli occhi cupi e senza fondo, sono l'incanto malefico di un abisso di perdizione. Il mantello alle sue spalle e' pronto a trasformarla in essere alato: una coppa e un teschio uniscono eros e thanatos in un' unica malia che si concede solo per vedere annientato l'uomo temerario, incauto e presuntuoso.

 Lilith e' un vampiro perché ha una natura  fagocitante e catabolica, essa si nega come madre e si concede al contempo come donna, eliminando da una parte il ruolo castrante materno e dall’altra esercitandone uno estremo e dal potere annichilente.

La cultura patrista dello Zohar e del Talmud non avrebbe potuto fare altro che demonizzare un simile modello di femminile legato esclusivamente alla sessualità con tutte le peccaminose afferenze, allorché risulta assente il movente procreativo che giustifica e assolve dal peccato.

Lilith infatti non e' affatto la rappresentazione di una sposa fedele, e nemmeno la dolce nutrice e custode dei bambini, anzi li terrorizza e ne beve il sangue fino all'ultima goccia!

La dea-civetta è anche presente in forma non esplicita in una vasta serie di passaggi cruciali della letteratura cristiana  accomunati dall’evocazione della trasgressione e della maledizione.

Secondo J.Bril, autore di “Lilith o l’aspetto inquietante del femminile” (ECIG, Genova, 1990 ), il momento cruciale di grande trasformazione antropologica in cui nasce il mito di Lilith sarebbe quello della perdita di preminenza della donna nelle strutture sociali del Paleolitico e del Neolitico; sarebbe stato il potere patriarcale, fondato sul riconoscimento dell’istituzione familiare ristretta e della genealogia, a lavorare per operare la demonizzazione del potere femminile.

 Nella cosmogonia babilonese c’è un punto preciso che descrive questo fatto: “Tiamat e Marduk si lanciarono l’una contro l’altro, iniziando il combattimento. Il Signore aprì la sua rete e la legò. Tiamat aprì la bocca per tagliarla. […] lui le gettò contro il vento cattivo per impedirle di chiudere la bocca. Venti violenti allargarono il suo ventre. Il suo stomaco si gonfiò, la sua bocca restò aperta […] Lanciò una freccia che le trafisse lo stomaco, le ruppe le viscere, le aprì il cuore. La sormontò e le tolse la vita, gettò a terra la sua salma, le spaccò la testa, le tagliò le vene. […] Quando i suoi padri videro ciò furono felici e giubilarono”.

 Lilith agisce all’interno di una operazione di mitologia negativa e malefica, speculare e funzionale rispetto a quella dell’istituzione della famiglia e della progenie come perpetuazione ereditaria oltre che al concetto di ordinamento statale fondato sulla conquista.

Oltre che un possibile simbolo di fallimento per il potere che dovrebbe mantenere unita la società, lei è soprattutto lo spauracchio della promiscuità incontrollata e della perdita di direzione storica e genealogica, ovvero il ricordo impietoso che solo mater semper certa est.

Se il mito di Lilith rovescia l’archetipo della buona madre, caricandosi di valenze demoniache e quindi negative al crescere del matrimonio in quanto istituzione patriarcale, non meraviglia affatto che nell’orizzonte contemporaneo si osservi un recupero della dea-civetta in senso   antagonista, cioè come rovesciamento d’opposizione alla logica teocratica intimamente maschilista che, dal mito ebraico in poi,  la connota e condanna  all’oblio come icona malefica in quanto prototipo della donna/Dea libera e autosufficiente, erede della Dea primeva Tiamat.

Lilith è divenuta un mito moderno per molti gruppi sociali,movimenti, posizioni e visioni della vita e della sessualità che dichiarano la propria estraneità rispetto ai paradigmi morali apparentemente o realmente ancora dominanti anche  nella cultura occidentale.

Lei, la demone alata, è la rimossa effigie di un’oscurità femminile terribile, l’incarnazione diabolica della materia; laddove ancora oggi le donne devono essere razionali per essere lecite, docili e belle per essere accettate,  essere materne per avere un identità, escluse dal potere economico e politico più alto per condizione di fatto.

 Le scomode valenze lilithiane affermano invece l’esistenza della complessa e poliedrica natura femminile, reietta nella concezione patriarcale e teleologica dei monoteismi, della cui misoginia la donna-Eva subalterna è, appunto, uno dei più forti vessilli.

Oggi Internet pullula di siti a sfondo pornografico dove improbabili regine della notte dal nome Lilith accendendo le pruriginose fantasie di alcuni: il mondo del mercato vince sul mito che tanto ha ancora da dare a chi volesse leggerne la potenza simbolico-evocativa, e ancora una volta il sistema capitalista, inventato dal patriarcato, tenta di confinare Lilith dentro stereotipi infondo accettati e accettabili, quelli del sesso mercificato.

In questa ottica tutto si vende e tutto si compra, anche il mito della ribellione femminile per eccellenza!

Come si potrà affermare senza la certezza di essere giudicate prive di senno che i miti oscuri vivono in noi e la separazione da essi equivale alla condanna di una perpetua schizofrenia? Il buio e la luce non sono altro che due delle molte possibili parti del femminile, senza l’accettazione delle quali non vi è possibilità di godere dei  molteplici  colori che la compongono.

Questo smembramento del femminile è il risultato di millenni in cui una logica duale ha imperato nelle culture e nelle religioni; questo prodotto maleodorante rappresenta il metodo con il quale si è lentamente penetrato nel cervello delle donne  mettendole in condizione di dover scegliere tra la buona e la cattiva madre, tra la moglie e la puttana e tra un infinita serie di contrapposizioni svilenti per il suo stesso complesso potere, e costituisce la più evidente prova di un operazione messa in atto in modo sistematico.

Il rifiuto delle stesse donne a considerare il proprio innato potere come omnicomprensivo si può dire che è il segno più evidente della sconfitta di Lilith come rappresentazione estrema di una parte dello stesso.

 

 

Inno a Lilith

 

…Apri le tue oscure Ali

e mostrati a Me oh Notturna Dea!

Muovi per Me l’aria e per Me alza la fiamma,

scuoti per Me la terra e per Me

 agita le acque!

 

Stridi forte e fatti onorare,

seminando il panico tra gli ottusi

e il Sommo Piacere tra i Liberi!

 

Oltre il Tempo tu sopravvivi

O Splendente di Tenebra!

Tu che Vincente abiti

nelle Profondità segrete

di ogni Vulva,

Tu che Potente assisti

in ogni Opus

che corroda ciò che è

cristallizzato e morente

risvegliando alla Vera Vita.

 

Tu sei la Bellissima dai mille Nomi,

la Terribile e la Voluttuosa,

la Ribelle che fu, è e sarà

la  radice di ogni incrinatura del vecchio Padre.

 

Tu, alata e profumata Demone,

sensuale Regina della Notte

e dei suoi scintillii brulicanti,

guarda diritto nei miei occhi

con i tuoi gialli da Civetta

e fammi specchiare!

 

Adesso, mentre bevo avida al Nostro Calice,

fammi infine volare Oltre,

fammi tornare all’Abisso da cui sono nata,

fallo per Me Lyl

con un fiero avvolgente abbraccio di Femmina…

 

Marina 2001