Il futuro quando arriva viene
come un anziano conosciuto e per
questo, per quanto doloroso sia,
viene accettato. Il suo arrivo era previsto,
e questo vecchio ha sua ragione d’essere.
Il vaticinio ci mostra il cammino
E allo stesso tempo ci conforta.
Detto africano

I riti delle erbe nel Candomblé
di Ardath Lili

Leggenda degli Yoruba
di  Ardath Lili

LA DIVINAZIONE DI IFA

di Ardath Lili

Fa (in fongbè), Ifa (in yoruba), Afa (per i Mina del Ghana) è lo spirito della divinazione: il nome deriva dalla città di Ife, la capitale religiosa dell’antico regno yoruba di Oyo.

Da qui, con la migrazione degli Adja e poi degli Ewe il suo culto si diffuse in un’area vastissima.

La natura divina di Ifa è alquanto controversa: molti autori lo considerano un Orisha a pieno titolo, in una lunga teorica processione che va da A. Le Herissé (1911) attraverso B. Maupoil (1943), fino a M. Palau Marti (1943) che in un recente lavoro riporta la leggenda ascoltata a Savè sull’origine di Fa concepito in circostanze straordinarie in seguito all’unione omosessuale di due donne.

Il bimbo, nato privo di scheletro era incapace perfino di stare seduto, ma fin dall’infanzia aveva cominciato a parlare, stupendo tutti per la divina saggezza dei suoi discorsi e per le sue capacità profetiche.

E la sua fama era cresciuta a tal punto, che quelli che erano bisognosi del consiglio e delle indicazioni di Fa giungevano da villaggi distanti molti giorni di cammino.

Allora “poiché le genti accorrevano da dovunque per esporre i loro problemi a Fa, i genitori presero il bimbo e lo portarono in tutti i villaggi affinché potesse rispondere alle domande che gli venivano poste”.

Fa è quindi un  Voudun e il suo passaggio alla condizione divina sarebbe avvenuto nel ventre materno, in seguito al concepimento trasgressivo.

Ma la cosa non è pacifica: Fa non è un Voudun per altri studiosi, alcuni dei quali estremamente autorevoli.

Fra questi Leo Frobenius e M. Quénon che scrive sulla religione del Benin: “Il Fa non è un dio, egli è l’oracolo, il portaparola di tutti gli dei. L’interprete del Fa si chiama bokonon, nome che spiega il ruolo dell’indovino:
Kou, alo azon wa-adan do fi dè houn, bo i-ko-non
(l’uomo che ha il ruolo di denunciare la malattia e la morte)
[1].

Last, but not least, il grande Verger, chiamato Fàtumbì (rinato con il Fa) che annota: “Ifa presso gli Yoruba non è, propriamente parlando, una divinità (orisha), è il portavoce di Orounmila e delle altre divinità”.

Indipendentemente dalla sua divinità, quello di Ifa è un culto religioso e una tecnica divinatoria: infatti il babalawo (in lingua yoruba, il padre dei segreti) o bokonon (in fongbè) è l’indovino e insieme il sacerdote di Ifa.

In merito Verger, che era lui stesso babalawo, osserva: “L’iniziazione di un babalawo non comporta la perdita di coscienza momentanea che accompagna quella all’orisha. Non si tratta di risuscitare nell’inconscio del babalawo l’io perduto corrispondente alla personalità dell’antenato divinizzato. Si tratta di un insegnamento tutto intellettuale in cui il futuro babalawo deve subire un lungo periodo di apprendistato e di studi coscienti, di conoscenze precise nel quale la memoria entra principalmente in gioco”.[2]

L’iniziazione dura mediamente tre anni, durante i quali l’indovino deve apprendere una quantità sterminata di leggende e di storie che costituiscono una vera e propria enciclopedia orale del mondo yoruba.

Inoltre nella divinazione bisogna usare una lingua esoterica e sacra, corrispondente allo yoruba antico, molto vicino alle parlate dell’Alto Egitto: è la lingua d’Ifa, che l’Ifa comprende.

A sua volta Ifa si manifesta attraverso segni precisi: gli odu.

Il babalawo trova gli odu mediante varie tecniche: 

a)      dopo aver lanciato 16 noci di palma da olio (dekin) traccia con il dito i segni corrispondenti sulla polvere vegetale (iyèrosum in yoruba, in fongbè)  ricavata dagli alberi mangiati dalle termiti e depositata sulla tavoletta divinatoria (fatè in fongbè, ate-ifa in yoruba ). Questa cerimonia detta fagbo, lunga e complessa, è necessaria per rispondere a domande vitali e per definire il kpoli (in fongbè), il destino.

b)      Si possono lanciare sul terreno due cordoni (opèlè Ifà in yoruba, akplè o agumagan infongbè) dove sono infilati per ciascuna otto noci (tagliate a metà del frutto di asro,o meglio i frutti legnosi dell’avini (Schrebera Arborea). La posizione, concava o convessa delle noci, cadute a pancia in su o in giù, corrisponde ad un segno (oppure due) tracciato nel sistema binario della tavoletta sacra

c)      Operazione analoga e più veloce, ma non per questo meno attendibile, si può fare con l’aiuto di quattro lobi (cotiledoni) di una noce di cola oppure con la divinazione dinlogun, lanciando sedici cauri (piccole conchiglie bianche): cadute con l’apertura verso l’altro danno un tratto, verso il basso due tratti. In sintesi, il tratto singolo (maschile) rappresenta una linea di espansione nell’universo e il tratto doppio (femminile) indica una forza di contrazione. In termini metafisici, l’espansione si manifesta come luce e la contrazione come tenebre. La luce si contrae per ridivenire materia e la materia si espande e dissolve la luce. E’ il ciclo dell’energia e della vita, il respiro dell’universo.

In un modo o nell’altro si ottengono gli ODU : ciascuno dei quali e un quadrato costituito da due colonne verticali e parallele composte da 4 tratti (singoli o doppi) ciascuna. 


Figura 1

Si compongono così sedici segni fondamentali in cui si combinano variamene, per colui che ha gli occhi per vedere, i quattro elementi fondamentali (aria, acqua, terra, fuoco).

A loro volta i segni possono trovarsi in una delle sedici case, dando luogo così a 256 (16x16) combinazioni diverse.

Il babalawo (bokonon) può rispondere ad importanti quesiti concernenti questioni cruciali e bivi esistenziali da imboccare: l’indovino che non ha udito la domanda mai verbalizzata, parla ispirato da Ifa raccontando delle leggende tratte dalla calebasse (zucca) della conoscenza.

Le leggende, due o tre, corrispondenti a ciascuno degli Odu ottenuti, indicano per analogia il comportamento da seguire.

Secondo Frobenius, ci sono almeno 16 leggende per ognuno dei 256 Odu: il che porta il numero di 4.096! Tutte ritenute a memoria, perché quelle di Ifa sono una cultura e una pratica religiosa prive di sistemi di registrazione scritta. 

Grazie ad Ifa si ottengono, fra l’altro, i segni geomantici che determinano la natura e il destino di una persona (odu in yoruba o kpoli in fongbè).

Ogni individuo infatti possiede, fin dalla nascita , un odu particolare (simile al segno zodiacale) che corrisponde al suo archetipo psichico, alla sua identità profonda: la conoscenza dell’odu è fondamentale per la realizzazione armoniosa del proprio destino, per sapere a quale voudun dedicarsi, quali sono i cibi permessi e quali quelli vietati, quali sono le strade da percorrere e quali quelle pericolose, dove attende una morte prematura.

Ifa è la luce che illumina la tragica oscurità di chi non conosce ancora la sua carta d’identità, il suo segno vitale, in Togo chiamato anche “il vero nome”.


Il feticcio dei gemelli (Ibeji in yoruba e Hoho in fongbè) e
quello di Ifa al mercato dei feticci di Dantokpa
 di Cotonou,Benin.
 

Per molte etnie, il vero nome è quello dell’Antenato che attraverso il bimbo ha ripreso a vivere: gli Ouatchi del Togo chiamano dzoto l’anima dell’Antenato che si è incarnato nel nuovo nato. E’ l’oracolo di Ifa che comunica l’identità dello dzoto, l’Antenato che ha inviato il bimbo nel mondo dei viventi.

Antenato che il nuovo nato dovrà venerare, portandone il nome e facendo le offerte alla sua statuetta o al suo altare (asin) cui darà amorevolmente da mangiare e bere per tutta la sua vita, continuandone così l’esistenza.

In cambio il bambino riceverà protezione e parteciperà della potenza vitale del suo invisibile protettore.

Ma il bokonon non è solo sacerdote ed indovino: egli possiede anche una strepitosa conoscenza della farmacologia vegetale, che lo rende capace di curare una grande quantità di disturbi e malattie.


Un bokonon (indovino in fongbè) con le cordicelle della divinazione (akplè). Tempio di Tron, costa del Benin occidentale.

I Fon del Benin chiamano amawato il guaritore che conosce le piante (ama). In molte piante c’è la potenza del Voudun: esse possono sedare, eccitare, addormentare, riscaldare, raffreddare, guarire, uccidere, salvare o avvelenare.

Il guaritore conosce a memoria le proprietà delle foglie, delle radici, della corteccia, dei frutti e dei fiori, con cui prepara decotti, infusioni, polveri, estratti e succhi, in grado di dare la vita o portare un’invisibile morte.

Esiste pure una particolare categoria di erbe usate nelle cerimonie religiose. Gli Ouatchi le distinguono in erbe “fredde” (amafada) che hanno il potere di calmare il Voudun irritato e di farlo intervenire pacificamente; e in “erbe calde” (amadzodzo), che conferiscono al Voudun una potenza di collera e di guerra, eccitandolo affinché perseguiti nemici e trasgressori.

La diagnosi della malattia, soprattutto quando questa è misteriosa oppure provocata dai celebri veleni, viene ottenuta con la divinazione di Ifa, che oltre a salvare le anime, indica loro i sentieri della vita da percorrere, salva anche i corpi e la salute dei fedeli africani.

Perché qui non si muove foglia che Ifa non voglia. 

 

La collana di Ifa e i Buzios 

In Brasile esiste ancora la memoria di Orumilà-Ifà; il jogo de buzios brasiliano nacque per riattivare la memoria di Ifa e costituisce un ricordo, labile, ma allo stesso tempo presente, di quell’antica pratica divinatoria.


Le sedici figure dell’opele-Ifa
 

1111= OGBE

2112=IWORI

1122=IROSUN

1222=OBARA’

1112=OGUNDA

2122=IKA

1211=OTURA

1212=OXE’

2222=OYEKU

1221=EDI’

2211=OWONRIN

2221=OKANRAN

2111=OSSA

2212=OTURUPON

1121=IRETE’

2121=OFUN

Il numero 1 indica le coppie con la parte concava verso l’alto.
Il numero 2 quelle con la parte convessa verso l’alto.

Le differenze tra la divinazione africana e quella attualmente praticata dai pais de santo del Brasile sono notevevoli.
In Brasile i babalaos di cui si hanno notizie furono pochissimi, fino a scomparire del tutto con Martiniano do Bomfin nel 1943; attualmente la funzione della divinazione fa parte delle prerogative e dei doveri dei pais o delle maes de santo.

Il babalao africano, come visto prima, in origine utilizzava sedici noccioli di palma. Successivamente (e il ricordo di quest’uso rimane fino ai giorni nostri come qualcosa di memoriale e simbolico) è prevalso l’uso dell’ opele Ifa (collana o catena di Ifa): una collana composta da otto mezzi noccioli dei dendè (Elaeis guineensis, la palma da cui si estrae l’olio di dende tanto utilizzato nella cucina baiana e nella comida dos orixas).




Figura 4

Laddove non è possibile trovare il dende, come avviene per esempio a Cuba, si sostituiscono i noccioli con placche concave di metallo o gusci di cocco, Questi grani, fissati al filo della collana, in base alla manipolazione del babalao e al loro disporsi al suolo, formano alcune figure, gli Odus visti precedentemente.

Il babalao seduto si una stuoia di fronte al cliente, afferra l’opele in corrispondenza del segmento centrale, facendolo dondolare varie volte in modo che i mezzi noccioli ruotino su stessi; lancia quindi la catena in direzione del consultante.

L’opele cade su un opon-Ifa, un vassoio di legno intagliato, tondo o rettangolare, dal bordo leggermente rialzato e dalla superficie interna liscia e impercettibilmente concava (Fig.4) 

In Brasile molto spesso il pai de santo utilizza l’opon-Ifa per i suoi Buzios.

Gli otto mezzi noccioli cadono alcuni con la parte concava in alto, altri con la parte convessa.  In pratica, ogni braccio della catena può cadere in 16 modi diversi: il totale delle combinazioni è 256, come il numero degli odus e quindi delle possibilità.

Si ha un babà-odu (odu principale) quando in una coppia entrambi i noccioli cadono con la parte concava oppure con la parte convessa in alto.

Se, invece, la stessa coppia di noccioli mostra due lati differenti si avranno gli odus-filhos (240), i cui nomi si compongono con il nome dell’odu di destra seguito da quello di sinistra.

Una volta determinato l’odu, il babalao inizia a declamare i versi del poema che gli appaiono più appropriati alla situazione. In Brasile i metodi e la “memoria” processo sono stati dimenticati, anche perchè la figura del babalao, come detto, è nel frattempo scomparsa. Rimane il ricordo dei sedici odus principali, e per ciascuno il significato e il “presagio” nel suo senso generale.

 


Lokossou Sotingbè, grande bokonon di Sekou (Benin), lancia le cordicelle della divinazione. In molti casi Lokossou vede dettagliatamente il futuro.


I buzios  (presto on-line) 


 

NOTE

[1] M.Quénum, Au pays des Fons, Larose, Parigi, 1936. 

[2] P. Verger, Orisha, cit., pag. 124
 

Figura 1: Gbè-medji rappresenta l’Est, il lato di Mawu. Yekou-medji è l’Ovest, il lato di Lissa. Oli-medji è il Sud, dove si trova il mare. Di-medji è il Nord, dove lo sguardo si perde. La linea Gbè-Yekou rappresenta il grande cammino della vita che riguarda il mondo vivente e percettibile.

 

Bibliografia:
Voudun, M. Burzio
Il gioco dei buzios, B.Barba
Orisha, P. Verger

Immagini tratte da: "Vodoun" di M.Burzio 

 

 

 


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